lunedì 26 settembre 2011

Due interessanti corsi di formazione

ALTA FORMAZIONE: COMUNICAZIONE POLITICO ISTITUZIONALE

Il Corso di Alta Formazione in Comunicazione politico-istituzionale è proposto dal Dipartimento di Studi greco-latini, italiani, scenico-musicali (Facoltà di Filosofia, Lettere, Scienze umanistiche e Studi orientali) e dal Dipartimento di Economia e Diritto (Facoltà di Economia) di ”Sapienza” Università di Roma, insieme all’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli e alla Fondazione Mezzogiorno - Europa.

Obiettivi formativi:
L’obiettivo del Corso di Alta Formazione è contribuire alla professionalizzazione dell’azione politico-istituzionale, con particolare attenzione al miglioramento dei meccanismi di relazione e comunicazione tra istituzioni e società civile, attraverso la formazione e qualificazione di coloro che già svolgono o intendono svolgere funzioni politico-istituzionali, o di supporto ad esse, a livello nazionale o locale, in ambito governativo, parlamentare, amministrativo; nelle forze politiche e sindacali, nelle associazioni di categoria, nelle fondazioni, nelle ONG, nelle aziende, negli uffici stampa, nei media.

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FORMAZIONE: COMUNICAZIONE POLITICO ISTITUZIONALE

Il Corso di Formazione in Comunicazione politico-istituzionale è proposto dal Dipartimento di Studi greco-latini, italiani, scenico-musicali (Facoltà di Filosofia, Lettere, Scienze umanistiche e Studi orientali) e dal Dipartimento di Economia e Diritto (Facoltà di Economia) di ”Sapienza” Università di Roma, insieme all’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli e alla Fondazione Mezzogiorno - Europa.


Obiettivi formativi:
L’obiettivo del Corso di Formazione è contribuire alla professionalizzazione dell’azione politico-istituzionale, con particolare attenzione al miglioramento dei meccanismi di relazione e comunicazione tra istituzioni e società civile, attraverso la formazione e qualificazione di coloro che già svolgono o intendono svolgere funzioni politico-istituzionali, o di supporto ad esse, a livello nazionale o locale, in ambito governativo, parlamentare, amministrativo; nelle forze politiche e sindacali, nelle associazioni di categoria, nelle fondazioni, nelle ONG, nelle aziende, negli uffici stampa, nei media.

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CONTATTI
Direttore:
Silvana Cirillo
Telefoni:
Università La Sapienza
Prof.ssa Silvana Cirillo
tel +39068415266
fax +39 06491609
silvana.cirillo@uniroma1.it

Università Suor Orsola Benincasa
Prof.ssa Elisabetta Benesatto
ebenesatto@gmail.com

Mezzogiorno Europa
Via Raffaele De Cesare, 31
80132 Napoli
Tel +39 081 2471196
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E-mail:
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venerdì 10 giugno 2011

Referendum 2011


Un giorno cercherò di capire meglio il concetto di "governo", per il momento ho sempre pensato che il Governo italiano fosse formato da una maggioranza ed una opposizione e che entrambe componessero il nostro governo. Quello che accade, le decisioni, le proposte di legge, le tassazioni e perfino l'immobilità sono giustamente imputate al "Governo". Ma troppo facilmente si confonde il "governo" con la "maggioranza".
Con molta semplicità è importante ricordare sempre che maggioranza e opposizione sono l'espressione del voto (non parlo delle preferenze dei singoli) e che a loro, tutti, è stato dato mandato di governare il nostro paese con serietà e coscienza. Se le cose non funzionano, se non siamo soddisfatti, se ci sentiamo defraudati, derisi, derubati della dignità ecc.., questo è dovuto all'intero parlamento e non certo ad una sola delle sue espressioni.
Oggi siamo chiamati a votare per i referendum su 4 importanti temi e mi domando chi abbia letto a fondo tutti i quesiti referendari. Ma soprattutto mi domando chi abbia preso almeno visione delle varie norme citate dal quesito!


L'informazione che circola è strana:

► Vota SI’ per ABROGARE le 2 leggi (una del governo Prodi e una del governo Berlusconi) per la PRIVATIZZAZIONE dell’ ACQUA

► Vota SI’ per ABROGARE la legge REINTRODUCE il NUCLEARE in Italia.

► Vota SI’ per ABROGARE la legge sul “LEGITTIMO" IMPEDIMENTO

► Vota NO se vuoi partecipare al quorum ma vuoi esprimere parere favorevole a quanto è, o sta entrando, in vigore

► NON ANDARE a votare se vuoi esprimere il parere favorevole a quanto è, o sta entrando, in vigore e non vuoi che si raggiunga il quorum.

Vota COME VUOI, senza sentirti influenzato da questo governo e dalle sue espressioni di maggioranza e opposizione. Vota in coscienza ciò che ritieni opportuno. Oppure non andare, esercita il tuo democratico diritto di esprimere che non intendi sia raggiunto il quorum. Ricordati sempre che ciò che politicamente accade nel nostro paese, altro non è che l'espressione del paese stesso.

Se evadi il fisco (anche minimamente), se non emetti uno scontrino, se non chiedi la ricevuta per risparmiare, se paghi la colf in nero, se curi sempre il tuo interesse primario senza preoccuparti di ciò che hai intorno, se risparmi sull'IVA.... Se ti capita una sola di queste cose, non sei migliore, non sei più furbo o più intelligente di altri, sei solo uguale a quei tanti politici e politicanti che curano solo i loro interessi. Non sei speciale ma solo confuso dalla massa e nella massa.

"I have a dream" ...ma forse lo scriverò in un altro post.
Intanto fai la tua scelta su come votare e buona Italia a tutti.


Questi sono gli incomprensibili quesiti referendari:
  • Primo quesito (ACQUA PUBBLICA I) “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione”: "Volete voi che sia abrogato l'art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall'art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante "Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia" e dall'art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea" convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale?"

  • Secondo quesito (ACQUA PUBBLICA II) "Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma": ammissibile. "Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell'art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 "Norme in materia ambientale", limitatamente alla seguente parte: "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito"?"

  • Terzo quesito (ENERGIA NUCLEARE): "Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?".
  • Quarto quesito (LEGITTIMO IMPEDIMENTO): "Volete voi che siano abrogati l'articolo 1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonchè l'articolo 1 della legge 7 aprile 2010 numero 51 recante "disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza?" [...]

venerdì 1 aprile 2011

Quella guerra mediatica che mina i valori.

Siamo da poco entrati in guerra, nella guerra 2.0, quella fatta di informazioni e disinformazioni, di veicolazione delle conoscenze attraverso tutti gli strumenti possibili, dalla radio alla televisione (che ormai riteniamo strumenti della passata tradizione) al web, al videofonino al social network.
L’informazione viene trasmessa e veicolata attraverso un numero sempre maggiore di media nella speranza, o nel tentativo, di riportare fedelmente la realtà.
Non sono sufficienti le rassicurazioni dei Capi di Stato che, ognuno secondo la propria politica interna, mascherano bombardamenti dietro accordi o risoluzioni delle Nazioni Unite o accordi del Patto Atlantico, non è sufficiente dire che il paese non è in guerra ma sta solo rispondendo ad una chiamata ONU. Non è forse insito nel concetto di guerra quello di uccidere, danneggiare, sottomettere il nemico? E cosa sta accadendo di tanto diverso? Non abbiamo forse armato le navi, alzato gli aerei con l’obiettivo di bombardare le basi di un altro paese al fine di sottometterne la politica interna secondo il nostro principio di democrazia? Chiamiamola come vogliamo, non chiamiamola guerra, parliamo di coalizione, ma non sono nomi e parole che possono mutare l’essenza delle azioni. E’ vero, il nostro paese in questo momento non avrebbe potuto scegliere una politica diversa, ma non si intende discutere le ragioni dei conflitti, o le posizioni politiche, solo l’impatto morale sulla storia evolutiva del paese. Il tam tam mediatico è già iniziato rendendoci spettatori di un nuovo circo, il circo 2.0 quello in cui ogni mezzo di trasmissione fornisce informazioni diverse. Da un lato le reti occidentali, tutte focalizzate a mostrare la valenza dell’azione della coalizione, dall’altro le reti arabe tutte concentrate a mostrare i danni dei bombardamenti dell’occidente.
Sono comparsi anche in pompa magna tutti i pagliacci della fantapolitica, dando inizio alla consueta tarantella di informazioni discordanti, distoniche e contraddittorie. Ognuno accusa l’altro di aver causato danni irreversibili. Ogni paese chiede ragione all’altro delle azioni, degli accordi sottoscritti in passato ed ancora vigenti, esprimendo le proprie ragioni e mostrando, dal suo punto di vista, logica ineccepibile per ogni suo atto.
Questa è la fase più pericolosa della guerra 2.0, perché coinvolge tutti i cittadini che, come neosoldati in un neoruolo, si trovano a dover valutare le posizioni opposte, si trovano ad affrontare con senso critico le affermazioni dell’uno e dell’altro. Immaginiamo se Napoleone o Annubale avessero coinvolto l’intera popolazione sulle ragioni profonde dei conflitti, avessero chiesto al popolo di saper discernere sulla necessità, l’opportunità e la valenza di un conflitto? Che conquistatori sarebbero mai stati? Che comandanti?
Il coinvolgimento di questi conflitti impone nuove regole nella società e chiama ogni cittadino ad un nuovo senso di responsabilità: il neosoldato, armato solo del suo giudizio è esposto alle radiazioni mediatiche provenienti da tutto il globo, non sempre convincenti, non sempre vere, non sempre “informazioni”.
Cosa succede allora alle coscienze? Ogni cittadino è coinvolto in questo conflitto ed ogni cittadino è esposto al circo mediatico. Lo stesso circo che ci ha mostrato un Giappone in difficoltà, scoprendo che dopo solo 6 giorni già era stata ripristinata un’autostrada.
Il cittadino è chiamato ad avere una sua opinione basata su un’ingestibile quantità di informazioni che piovono senza logica e controllo, questa pioggia ha caratteri, a volte, tanto contraddittori da confondere la stessa coscienza. Mina i principi cardine delle coscienze umane questa pioggia mediatica che impone ad ognuno di saper discernere il bene dal male mostrando gli opposti da entrambe le parti. Non è più netta la differenza tra bene e male, non è così facile da distinguersi: il male si è talmente mascherato da bene da non mostrare più alcuna differenza con esso.
E c’è di più! Questo coinvolgimento chiama ognuno ed essere giudice arbitro, spostando il conflitto da esterno ad interno, da una farraginosa macchina conflittuale politica, stiamo lentamente sperimentando quanto certi atteggiamenti rappresentino un vero cancro per il senso critico, per i valori profondi della società in cui siamo cresciuti. Questa esposizione radioattiva mediatica ha divorato dall’interno la capacita di discernimento, perché la ha ricoperta di inutili orpelli informativi, di regole, di risoluzioni, di senso della giustizia fatta in casa, di economia e di soldi.
Perché ormai si è insinuato il dubbio che tutto questo polverone alzatosi nei paesi arabi, non sia l’effetto domino di una reale esigenza dei ceti medi, ma una strumentalizzazione di quell’occidente bisognoso di una politica estera “importante” per ristabilire i propri equilibri di potere e, perché no, anche economici.

lunedì 1 giugno 2009

La storia: logica e contraddizione

Tutto ciò che non si piega alla logica assume il marchio della contraddizione


La innata molteplicità e diversità del reale si ribella alle costrizioni del pensiero identificante, mostrando la sua natura non-identica ed uscendo pertanto dal controllo della logica. La costante contraddizione del reale si pone come moto non-identico  superando i confini della logica ed affermandosi come altro da essa.


In quanto costantemente contraddittorio il non-identico non può essere fatto oggetto del sapere assoluto. Ovvero il non-identico non può essere declinato in categorie e non può essere compreso ma solo appreso nel momento del suo "essere". La storia diviene una chiave di lettura (non univoca) degli elementi che si è scelto di imporre in sequenza, ma al variare degli elementi scelti vi sarà una sostanziale variazione della lettura storica. L'impossibilità di valutare tutti gli elementi del reale nella loro successione temporale (per l'enorme numero di variabili, per l'incapacità dell'uomo di poter valutare tutti gli elementi in modo oggettivo e per l'oggettiva impossibilità di conoscere tutti gli elementi) determina una incapacità di definire una lettura storica assoluta.


La storia, come equazione degli elementi del non-identico, si pone con risultati indeterminabili. Lo studioso ha facoltà unica di leggere il non-identico nel momento della sua esistenza come un linguaggio metafisico al tempo presente, non risolubile in alcuna connessione preordinata riducendo la storia ad una ontologia di se stessa. In tal modo la storia del non-identico sposa il principio di casualità.

mercoledì 11 giugno 2008

Verità e discrezionalità

La discrezionalità derivante da diverse opinioni sulla verità

Le dimensioni filosofica, letteraria, storica, politica, giuridica esprimono verità di estensione diversa. Ciò concorre a sostenere l’azione discrezionale, la quale, spesso non è accompagnata da dirittura morale.

«
agli uomini politici tocca il controllo dei fatti. (…) [I politici] (...) dimostrano (...) di manovrare nel compromesso alla ricerca di un equilibrio, di pura natura parlamentare.
È vero, uno scrittore non deve rendere conto delle sue azioni e delle sue parole agli elettori, non è questo il suo compito, il suo compito è di ricordare la verità esprimendo sentimenti vivi e inequivocabili [1]».

«[Uno scrittore] [2]
non fa opera di politico, non ha il compito e quindi neppure il dovere della guida quotidiana, ne ha uno più alto e non si vede come si possa impedirglielo [3]».

«
Non si può pensare, non si deve pensare che le faccende politiche vadano risolte nell’ambito ristretto della politica [4], rifiutando ogni sussidio di illuminazione e di approfondimento dal di fuori [5]».

Ciò che rileva non sono i fatti, ma l’opinione che ciascuno si è formato, o ha voluto assumere sui fatti:

«
Gli uomini sono agitati e turbati, non dalle cose, ma dalle opinioni ch’eglino hanno delle cose [6]».

Il simbolo machiavelliano della verità effettuale sembra funzionale ad una chiara lettura dei fatti, ma tale verità è assai ardua da definire:

«
Quando, la sera del 16 ottobre 1978, mi presentai alla loggia della Basilica di San Pietro per salutare i romani e i pellegrini radunati sulla piazza in attesa dell’esito del Conclave, dissi che venivo “da un Paese lontano”. In fondo la distanza geografica non era così grande. Gli aerei la superano in appena due ore di volo. Parlando di lontananza intendevo alludere alla cortina di ferro, in quel momento ancora esistente. Il Papa, che veniva da oltre la cortina di ferro, in un senso molto vero veniva da lontano, anche se in realtà egli veniva dal cuore stesso dell’Europa. Il centro geografico del continente si trova infatti in territorio polacco.
Durante gli anni della cortina di ferro, ci si era quasi dimenticati dell’Europa centrale. Si applicava in modo abbastanza meccanico la divisione in Ovest ed Est, assumendo Berlino, la capitale della Germania, come città - simbolo, appartenente per una parte alla Germania Federale e per l’altra alla Repubblica Democratica Tedesca. In realtà, tale divisione era del tutto artificiale. Serviva a scopi politici e militari. Stabiliva i confini dei due blocchi, senza tener conto della storia dei popoli. Per i Polacchi risultava inaccettabile essere qualificati come popolo dell’Est, anche in considerazione del fatto che i confini della nazione, proprio in quegli anni, erano stati spostati verso Ovest. Presumo che accettare ma simile qualificazione fosse ugualmente difficile per i Cechi, gli Slovacchi, gli Ungheresi, così come per i Lituani, i Lettoni e gli Estoni [7]».

Non si può eludere l’esigenza e lo sforzo della ricerca di un saggio dosaggio tra soggettività e obiettività, che formano un tutt’uno, da mettere a confronto nel dialogo, alla ricerca di nuove approssimazioni al vero.


______________
Note:
  • [1] Carlo Bo, Siamo ancora cristiani ?, Vallecchi, Firenze 1964, La politica non può escludere una assoluta ricerca di verità (15 Nov. 1957), p. 107.
  • [2] Bo si riferisce a François Mauriac (1885 – 1970), scrivendo su una polemica sorta tra l’uomo politico francese Maurice Schumann e Mauriac.
  • [3] ibidem, p. 106.
  • [4] Questa è una delle critiche mosse a Machiavelli.
  • [5] ibidem, p. 106.
  • [6] Il manuale di Epitteto, traduzione di Giacomo Leopardi.
  • [7] Giovanni Paolo II, Memoria e Identità, Rizzoli, Milano 2005, pp. 168 - 169.

venerdì 29 febbraio 2008

Cinetica

Cosa ha di diverso una palla che rotola da una palla che sta ferma? Della differenza ci rendiamo conto quando andiamo a fermarne il movimento. Quello che rende diverso un corpo in movimento da un corpo fermo è la quantità di energia cinetica che esso possiede. Analogamente partendo dall'assunto che il pensiero scaturisce dal raffinamento delle funzioni sensorio-motrici è possibile realizzare una "sintesi della cinetica fisica e dei movimenti dell'intelletto" identificando in tal modo il fondamento cinetico del pensiero. Si entra nell'inesplorato territorio dell'estetica del movimento in cui sensazioni fisiche e processi cognitivi non sembrano dover portare ad una conoscenza oggettiva assoluta, ma piuttosto ad una dimensione complessa del pensiero. Ogni pensiero nonché le parole che usiamo per esprimerlo, hanno un verso, una direzione ed un senso, ed utilizzarle con proprieta' e coerenza ci avvicina al quel sentimento di appagamento che pervade il ginnasta che compie il suo esercizio con il punteggio pieno, certo di essere riuscito a cogliere l'essenza del suo movimento, il controllo e la sintonia assoluta con il suo strumento corpo, come sintesi di un pensiero cinetico.
In questo senso l'idea di movimento muta radicalmente. Infatti il moto può essere evento relativo, illusorio o, come nel nostro caso, interiore. Il moto è un evento reale che avviene in un ambiente fisico, ma è anche un evento percettivo. Il moto inoltre enfatizza il valore comunicativo dell'evento grazie all'attrazione che esercita sui nostri sensi.
Il pensiero cinetico è una forma elaborata di pensiero plastico ossia di capacità di elaborare almeno tridimensionalmente o ancor meglio cronospazialmente. Esso pensa, organizza, interpreta, valuta, modifica movimenti nello spazio, uno spazio che è esso stesso percettivamente vissuto come potenziale movimento. In esso tempo e spazio sono variabili correlate. Il pensiero cinetico agisce attraverso l'implicita od inconscia definizione di una direzione e di una meta. La direzione definisce l'orientamento. La meta può essere totale (raggiungimento di un punto finale o scopo) oppure può essere parziale, in tal caso si tratta di un nodo (un nodo rappresenta il perseguimento di un obiettivo minore o uno spostamento parziale nello spazio dovuto alla presenza di ostacoli, barriere o necessità di momentanea interruzione di moto o di scostamento per raggiungere un obiettivo intermedio).
La pluralità di direttrici, distinte da nodo a nodo, segnala l’esistenza di una pluralità di situazioni.
Il percorso rivela la logica di connessione ossia il dis-corso che si snoda da un tratto all’altro, esplicitando quali rapporti/motivazioni stanno tra un nodo e l’altro e fra tutti i nodi nel loro insieme.
Anche il pensiero verbale (specie se scritto) è una costruzione e quindi è rappresentabile cineticamente.
Gli elementi sintattici sono composizioni e quindi si possono rendere efficacemente con accorpamenti e accostamenti dinamici. La struttura complessiva di un discorso è rappresentabile cineticamente individuando in esso diversi attributi.
Il discorso ad andamento circolare, parte da un punto e sviluppa sequenze che hanno sempre un medesimo antecedente e susseguente solo che il risultato finale coincide con il punto di partenza e questo può costituire una punto di riavvio senza fine, come una filastrocca che è un meccanismo linguistico cinetico che produce un andamento rotatorio. Molti giochi linguistici hanno andamento cinetico. Ad esempio il chiasmo è una forma linguistica incrociata e contrapposta che può essere espressa cineticamente.
Il discorso è organizzato per forme derivative e sequenze di accadimenti o procedure logiche successive nel tempo. Tutto parte da una o più premesse generali e sviluppa analiticamente alcune parti susseguenti.
Il discorso è organizzato per rimandi, vi è un nucleo centrale che sostiene e connette tutto e alcune parti si sviluppano lateralmente, ma con andamento periodico-circolare.
Il discorso si organizza per parti e sequenze che hanno una loro specificità e autonomia, pur rivelando alcune sezioni che stanno in un rapporto comune con tutte le parti o solo con alcune componenti.
Il discorso è sequenziato dinamicamente per parti che si compenetrano l’una nell’altra e con sequenza dal generale al particolare e viceversa. Oppure è organizzato per sequenze dinamiche piramidali e gerarchiche.
La natura cinetica del linguaggio non è discutibile ed è esatta espressione del pensiero che, per la sua funzione diviene pensiero cinetico.
Attraverso l'etica cerchiamo di osservare la fenomenologia della realtà e di definire in questa il principio del bene e del male. Individuiamo non solo gli estremi opposti ma anche la nostra posizione come deviazione standard tra essi. Lo stesso facciamo anche fuori dalla ristretta cerchia fenomenologica applicando il principio etico al nostro pensiero. Il principio estetico definisca analogamente il concetto di bello e brutto individuando la deviazione standard tra i due opposti. Ma siamo affascinati non solo dall'oggettività ma dal risultato di una scienza preposta allo studio del bello e del brutto così come lo siamo di ciò che Hegel definiva il "sentimento del sublime". La politica accoglie tutte le regole socialmente stabilite dall'uomo, identificando le direzioni, le mete, e gli opposti. Affronta pertanto tutti i temi dell'umano divenire, dalla fede alla ragione dall'estetica all'etica, dalla morale alla guerra. La politica, attraverso le sue regole, pur mutevoli, indica la posizione di uno stato in rapporto agli opposti che tutte le scienze fisiche e morali affrontano. Tale posizione è inevitabilmente in continuo mutamento giacché spinta dalle tensioni di attrazione che ogni opposto esercita sui singoli. Proprio questo continuo movimento che determina lo stato di equilibrio tra gli opposti attraverso la generazione di forze singole è alla base del principio della cinetica. Per cui vogliamo indicare la cinetica come quella costante energia sviluppata dai sistemi opposti per mantenere i singoli nel rispetto delle regole imposte dallo stato.

lunedì 18 febbraio 2008

Politica

La società umana si caratterizza per le sue regole socialmente stabilite, i cui criteri sono pubblicamente accessibili, l'uomo impara a comprendere le regole in un contesto che è sociale. Imparare a fare non significa solo copiare, per l'uomo è fondamentale l'uso della riflessione. Il comportamento che consegue alla comprensione è un comportamento per cui vi è un'alternativa: "un uomo onesto può astenersi dal furto pur avendo la possibilità e persino il bisogno di commetterlo"; un comportamento è volontario se c'è un'alternativa.
Il linguaggio e le relazioni sociali sono fortemente interconnessi: descrivere le relazioni sociali in cui entra una parola permette di descriverne l'uso e quindi di capirne il significato.
La continuazione o meno di una tendenza storica dipende da decisioni umane ed è perciò imprevedibile: "il prevedere la composizione di una poesia o la realizzazione di una nuova invenzione equivarrebbe a comporre la poesia o a realizzare l'invenzione" (
Winch). La razionalizzazione del pensiero forzata dalla necessità di esprimerlo attraverso le regole di un linguaggio impone all'uomo la costruzione di un tessuto sociale relazionale e relazionato.
Il destino viene scritto nel momento in cui si compie e non prima.
I temi della fede e della religione, e del loro conflitto con la cultura laica, sono da qualche tempo al centro di un interesse mediatico crescente, alimentato anche dalle polemiche politiche suscitate dal moltiplicarsi degli interventi e delle "scomuniche" del Papa e della Conferenza Episcopale Italiana contro la modernità. In questo insolito dialogo a tre voci emergono tutti gli interrogativi essenziali legati al problema della formazione del pensiero della società politica, a partire da quello più generale: quali devono essere i rapporti tra filosofia e ateismo? L'"ipotesi Dio" deve ormai essere considerata superflua anche dalla riflessione filosofica, visto che le scienze ne fanno metodologicamente a meno? Quali sono le conseguenze etiche e politiche dell'essere atei o, all'opposto, credenti?
Anche lo sviluppo del linguaggio simbolico nell'uomo è un avvenimento unico nella biosfera, che ha aperto la via ad un'altra evoluzione, quella culturale, delle idee, conoscitiva; l'analisi linguistica rivela una forma comune a tutte le diverse lingue umane, e l’apprendimento della lingua nei primi due-tre anni di vita del bambino è sbalorditivo. L'uomo appartiene perciò contemporaneamente a due regni, la biosfera e il regno delle idee, ed "è al tempo stesso torturato e arricchito da questo dualismo lacerante che si esprime nell'arte, nella poesia e nell'amore umano".
Le regole del comportamento collettivo non sono del tutto modificabili a piacere.
Leggi e norme incidono sugli avvenimenti che possono essere "stati di fatto", "fatti che continuano nel tempo" (processi), eventi (transizione da uno stato di fatto ad un altro). Il concetto di atto umano è connesso al concetto di evento, vale a dire di mutamento nel mondo, agire vuol dire interferire.
Per distinguere gli atti dagli eventi è fondamentale il concetto di agente: agenti empirici e sopra-empirici, agenti personali ed impersonali; gli agenti personali, poi, possono poi essere individuali e collettivi.
L'atto politico è, nei confronti della norma che si propone di cambiare, un atto fondamentale di disobbedienza, quantunque non tutto gli atti di disobbedienza producano effetti politici. Tuttavia non tutti gli atti di disobbedienza politicamente significativi sono "possibili", per ragioni che possono andare dalla necessità, alla convenienza; dall'opportunità all'analisi delle conseguenze. Poiché non ogni disobbedienza è possibile, l'azione politicamente efficace è quella che meglio di altre tiene conto delle conseguenze che ne derivano: è politica delle riforme, graduale, progressiva, conseguenziale, controllata e consensuale.
Nell'ermeneutica della via ascendente, la filosofia ha il diritto e il dovere di sottoporre a critica il dato storico ed economico. La politica, che ha il compito di essere efficace, deve invece fare i conti con questo dato come con un vincolo. Se un platonico moderno volesse riproporre il progetto di una repubblica fondata sulla comunità della conoscenza e sull'autonomia dell'anima razionale, si troverebbe ancora di fronte ai tre vincoli dell'economia, dell'eros privato e della retorica, ma i loro caratteri - storici - sarebbero profondamente diversi. La via ascendente permette di cogliere il merito filosofico più durevole: la scoperta dell'autonomia della ragione e il tentativo di darle un ruolo direttivo non solo nella comunità scientifica, ma anche in quella politica. Il Pireo in cui Socrate discende è oggi un luogo molto diverso, e con diverse servitù: ma il problema di costruire una comunità scientifica e politica compatibile con l'autonomia della ragione ritorna continuamente dal mondo dei morti - a meno che non vogliamo ridurre la filosofia politica a intrattenimento retorico, nell'orizzonte angusto dell'attualità cronistica.
Ma vi è anche un altro senso in cui è possibile dire che l'attività politica degli uomini è soggetta a limiti. Oltre alle condizioni esterne di necessità, oltre alle sanzioni collegate alle norme esistenti, vi è la questione non secondaria della cosiddetta razionalità imperfetta. Diciamo che l'uomo è un soggetto politico imperfetto anche perchè è razionalmente limitato.
In particolare, è la debolezza della volontà e la consapevolezza di questa debolezza, ad essere alla base della teoria della razionalità imperfetta, la quale pone limiti sostanziali alle azioni di tipo politico: "farsi legare" significa allora imporsi degli obblighi ai quali vincolare il proprio comportamento e le proprie azioni; ciò accade, ad esempio, nell'attività costituente, ultimo atto politico e neutralizzazione della capacità politica futura.
La razionalità imperfetta produce l'immagine dell'uomo "politico imperfetto": l'attività politica in senso forte (ad alta intensità) non è perciò una condizione normale dell'azione umana, bensì una condizione eccezionale, straordinaria, che si sviluppa in certe situazioni che sono già, esse stesse, straordinarie, nel senso che non sono riconducibili a quelle regole del gioco collettivo che, ordinariamente, governano la quotidianità. La consapevolezza dell'imperfezione porta l'uomo sul baratro dell'osservazione dei propri limiti: «Ebbi ben presto abbastanza chiaro che il mio lavoro doveva camminare su due binari: l’ansia per una giustizia sociale che ancora non esiste, e l’illusione di poter partecipare, in qualche modo, a un cambiamento del mondo. La seconda si è sbriciolata ben presto, la prima rimane» (De Andrè).
La definizione di uno stato politicamente organizzato introduce il dualismo tra governanti e governati, tale rapporto politico può essere considerato "ex parte principis o ex parte populi" (Machiavelli o Rousseau, teoria della ragion di stato o teoria del costituzionalismo). In questo dualismo, mentre è facile individuare i "governati" diventa interessante definire i "governanti", sembra che lo Stato abbia perso il monopolio del "politico": settori fino ad oggi neutrali (non-statali e non-politici) si caricano sempre più di significato politico; in democrazia, i settori religioso (confessionale), culturale, economico, giuridico, scientifico, educativo non possono più essere contrapposti a "politico", così come viene meno la contrapposizione stato-società (politico contro sociale). Si pensi al concetto di uomo politico nelle sue sfaccettature: in morale, buono/cattivo; in estetica, bello/brutto; in economia, utile/dannoso (o anche redditizio/non redditizio); in politica, amico/nemico. La distinzione, che non è metaforica o simbolica ma concreta, indica il massimo grado di un'associazione-dissociazione e non è riconducibile alle altre: non necessariamente il nemico deve essere cattivo, brutto, economicamente dannoso.
Il nemico è pubblico: hostis e non inimicus che è il solo nemico da amare per il cristiano. Ha la possibilità concreta di combattere; la contrapposizione è tanto più politica quanto più si avvicina al punto estremo, che è la guerra. I termini politici sono anche polemici, ciascuno è la negazione di qualcos'altro (repubblica come non-monarchia); per i contrattualisti il "politico" non solo è assimilato a "statale" ma è anche in contrapposizione negativa ad altri concetti: la politica liberale è critica politica, in contrapposizione a Stato, Chiesa, Governo, ecc.
E' il grado di intensità della distinzione amico-nemico a determinare il "politico": è sempre politico il raggruppamento orientato al caso critico. La possibilità reale del nemico è il presupposto della politica; lo Stato Universale rappresenterebbe pertanto la fine della politica.
Una linea politica nega cose ad alcuni e le rende accessibili ad altri: è una rete di azioni e decisioni che distribuiscono i valori; una decisione isolata non è una linea politica, una decisione è solo la fase formale di una linea politica: occorre agire per attuarla.
La vita politica è vita di gruppo ed è costituita da prassi legali e da prassi effettive; la scienza politica esamina ogni possibile modo in cui avvengono assegnazioni autoritarie di valori (o linee politiche): tutti i meccanismi sociali, sono strumenti per assegnare valori, il sistema di valori totale abbraccia tutta la scienza sociale di cui quella politica è una parte.
I confini di un sistema politico sono soggetti a fluttuazioni (guerre, elezioni, ribaltoni); ogni sistema politico effettua transazioni con il suo ambiente esterno, che modella e da cui viene modellato: gli input e gli output concernono i confini del sistema politico, al cui interno troviamo i processi di conversione degli uni negli altri.
Oltre a questo, i sistemi politici si caratterizzano anche per importanti funzioni di mantenimento e di adattamento: la funzione di reclutamento politico; la funzione di socializzazione politica, attiva sin dall'infanzia, che è il processo di conservazione e di trasformazione della cultura politica. Gli input, o flussi in entrata del sistema politico, sono le domande, che influenzano decisioni ed obiettivi politici, ed i sostegni che forniscono al sistema politico le risorse necessarie per conseguire i propri obiettivi. Gli output, o flussi in uscita del sistema politico, sono le risposte, intese come quel complesso sistema di norme e regole che influenzano le azioni all'interno degli stati e i rapporti tra gli stati stessi. La funzione di aggregazione degli interessi converte le domande in scelte politiche, attraverso i partiti politici e lo sviluppo politico.
Un programma politico combina un programma di governo con un programma fondamentale, è un catalogo di iniziative e di ragioni per intraprenderle. Principi e politiche sono interdipendenti, "i principi scelgono le promesse, le politiche devono mantenerle":

  • principi senza politiche sono impraticabili;
  • politiche senza principi razionalizzano interessi parziali;
  • in programmi centrati su principi (i principi hanno priorita' sulle politiche) il criterio è esplicito;
  • in programmi centrati su politiche il criterio è invece implicito, oscuro, irriconoscibile;
la buona politica liberale scopre principi trattando casi particolari, non parte da principi applicati deduttivamente, e distingue problemi da stati di fatto, avanza tesi per risolvere problemi.
In politica, due sono i gruppi fondamentali, il partito e l'elettorato: "se volete promuovere qualche riforma, dovete prima persuadere il vostro partito a adottare la riforma, poi persuadere l'elettorato a adottare il vostro partito" (B. Russell).
Il primo principio dell'etica, non può essere la realizzazione di se perché l'uomo è un animale sociale. La politica come "cosa mondana", indegna, deriva dalla dottrina cristiana, che sostituisce al peccato collettivo degli ebrei (peccato "politico") il peccato individuale e rende la Chiesa intermediaria di Dio. Il peccato ha origine dalla libertà (contraddizione fra determinismo e libero arbitrio). Ma la politica è necessaria perché è elemento costitutivo della nostra esperienza, e non semplicemente una sua parte; il suo campo d'azione può restringersi, ma non scomparire.
Il pensiero politico si caratterizza per codici binari, contrapposizioni fra amici e nemici (l'identità è determinante per ogni entità politica), inclusi ed esclusi, pubblico e privato. La sfera politica ha pertanto tre dimensioni:
- identità, che è la dimensione espressiva del politico (chi siamo?);
- potere, che è la dimensione strumentale del politico (chi ottiene cosa, quando e come);
- ordine, dimensione regolativa del politico.
Tutte le dimensioni implicano conflitto (chi decide, come e quali decisioni prende, ecc). La nozione di fine indica termine (morte) ma anche significato (scopo); tutte le affermazioni in tal senso sono o retoriche oppure meta-narrazioni (descrivono una nuova fase dell'evoluzione): anche le rivoluzioni conservano elementi di continuità col passato.
La storia umana è iniziata e si è evoluta con atti di disobbedienza (miti di Adamo ed Eva e di Prometeo); la disobbedienza può essere un atto contro (ribellione) o per qualcosa, di affermazione della ragione. Libertà e disobbedienza sono inseparabili, non si può proclamare la libertà e insieme bandire la disobbedienza.
L'atto politico è un atto fondamentale di disobbedienza.
La politica tuttavia non produce (o promuove) sempre delle "verità", se così fosse che destino subirebbero le grandi categorie del pensiero politico, la democrazia, l’eguaglianza etc? Bisogna temere la democrazia piegata in senso mercantile, la democrazia elettorale, quella che si esplica con il voto alle elezioni alla stessa maniera in cui il consumatore sceglie al mercato il bene a lui più utile. In questo modo, la politica, la democrazia e l’eguaglianza non sono nient’altro che pure appendici dello Stato, forme di manifestazione di quella figura che sopprime il pensiero collettivo nell’evento che è lo Stato parlamentare.
C’è un altro modo, invece, per ricongiungere democrazia e eguaglianza ridando nel contempo significato ad entrambi i concetti: si tratta di intendere la democrazia come pura esposizione del collettivo sulla scena pubblica che non tollera che si applichino ad esso prescrizioni particolari, vale a dire enunciati non egualitari.
La democrazia è egualitaria nel suo senso più profondo proprio perché permette di sfuggire alle codificazioni particolaristiche cui è costretto a ricorrere lo Stato. Democrazia è dismissione delle categorie di “immigrato”, “arabo”, “francese”, in quanto parole che “rinviano necessariamente la politica allo Stato e lo Stato stesso nella sua funzione più essenziale e più bassa: il novero non egualitario degli uomini”.