lunedì 18 febbraio 2008

Politica

La società umana si caratterizza per le sue regole socialmente stabilite, i cui criteri sono pubblicamente accessibili, l'uomo impara a comprendere le regole in un contesto che è sociale. Imparare a fare non significa solo copiare, per l'uomo è fondamentale l'uso della riflessione. Il comportamento che consegue alla comprensione è un comportamento per cui vi è un'alternativa: "un uomo onesto può astenersi dal furto pur avendo la possibilità e persino il bisogno di commetterlo"; un comportamento è volontario se c'è un'alternativa.
Il linguaggio e le relazioni sociali sono fortemente interconnessi: descrivere le relazioni sociali in cui entra una parola permette di descriverne l'uso e quindi di capirne il significato.
La continuazione o meno di una tendenza storica dipende da decisioni umane ed è perciò imprevedibile: "il prevedere la composizione di una poesia o la realizzazione di una nuova invenzione equivarrebbe a comporre la poesia o a realizzare l'invenzione" (
Winch). La razionalizzazione del pensiero forzata dalla necessità di esprimerlo attraverso le regole di un linguaggio impone all'uomo la costruzione di un tessuto sociale relazionale e relazionato.
Il destino viene scritto nel momento in cui si compie e non prima.
I temi della fede e della religione, e del loro conflitto con la cultura laica, sono da qualche tempo al centro di un interesse mediatico crescente, alimentato anche dalle polemiche politiche suscitate dal moltiplicarsi degli interventi e delle "scomuniche" del Papa e della Conferenza Episcopale Italiana contro la modernità. In questo insolito dialogo a tre voci emergono tutti gli interrogativi essenziali legati al problema della formazione del pensiero della società politica, a partire da quello più generale: quali devono essere i rapporti tra filosofia e ateismo? L'"ipotesi Dio" deve ormai essere considerata superflua anche dalla riflessione filosofica, visto che le scienze ne fanno metodologicamente a meno? Quali sono le conseguenze etiche e politiche dell'essere atei o, all'opposto, credenti?
Anche lo sviluppo del linguaggio simbolico nell'uomo è un avvenimento unico nella biosfera, che ha aperto la via ad un'altra evoluzione, quella culturale, delle idee, conoscitiva; l'analisi linguistica rivela una forma comune a tutte le diverse lingue umane, e l’apprendimento della lingua nei primi due-tre anni di vita del bambino è sbalorditivo. L'uomo appartiene perciò contemporaneamente a due regni, la biosfera e il regno delle idee, ed "è al tempo stesso torturato e arricchito da questo dualismo lacerante che si esprime nell'arte, nella poesia e nell'amore umano".
Le regole del comportamento collettivo non sono del tutto modificabili a piacere.
Leggi e norme incidono sugli avvenimenti che possono essere "stati di fatto", "fatti che continuano nel tempo" (processi), eventi (transizione da uno stato di fatto ad un altro). Il concetto di atto umano è connesso al concetto di evento, vale a dire di mutamento nel mondo, agire vuol dire interferire.
Per distinguere gli atti dagli eventi è fondamentale il concetto di agente: agenti empirici e sopra-empirici, agenti personali ed impersonali; gli agenti personali, poi, possono poi essere individuali e collettivi.
L'atto politico è, nei confronti della norma che si propone di cambiare, un atto fondamentale di disobbedienza, quantunque non tutto gli atti di disobbedienza producano effetti politici. Tuttavia non tutti gli atti di disobbedienza politicamente significativi sono "possibili", per ragioni che possono andare dalla necessità, alla convenienza; dall'opportunità all'analisi delle conseguenze. Poiché non ogni disobbedienza è possibile, l'azione politicamente efficace è quella che meglio di altre tiene conto delle conseguenze che ne derivano: è politica delle riforme, graduale, progressiva, conseguenziale, controllata e consensuale.
Nell'ermeneutica della via ascendente, la filosofia ha il diritto e il dovere di sottoporre a critica il dato storico ed economico. La politica, che ha il compito di essere efficace, deve invece fare i conti con questo dato come con un vincolo. Se un platonico moderno volesse riproporre il progetto di una repubblica fondata sulla comunità della conoscenza e sull'autonomia dell'anima razionale, si troverebbe ancora di fronte ai tre vincoli dell'economia, dell'eros privato e della retorica, ma i loro caratteri - storici - sarebbero profondamente diversi. La via ascendente permette di cogliere il merito filosofico più durevole: la scoperta dell'autonomia della ragione e il tentativo di darle un ruolo direttivo non solo nella comunità scientifica, ma anche in quella politica. Il Pireo in cui Socrate discende è oggi un luogo molto diverso, e con diverse servitù: ma il problema di costruire una comunità scientifica e politica compatibile con l'autonomia della ragione ritorna continuamente dal mondo dei morti - a meno che non vogliamo ridurre la filosofia politica a intrattenimento retorico, nell'orizzonte angusto dell'attualità cronistica.
Ma vi è anche un altro senso in cui è possibile dire che l'attività politica degli uomini è soggetta a limiti. Oltre alle condizioni esterne di necessità, oltre alle sanzioni collegate alle norme esistenti, vi è la questione non secondaria della cosiddetta razionalità imperfetta. Diciamo che l'uomo è un soggetto politico imperfetto anche perchè è razionalmente limitato.
In particolare, è la debolezza della volontà e la consapevolezza di questa debolezza, ad essere alla base della teoria della razionalità imperfetta, la quale pone limiti sostanziali alle azioni di tipo politico: "farsi legare" significa allora imporsi degli obblighi ai quali vincolare il proprio comportamento e le proprie azioni; ciò accade, ad esempio, nell'attività costituente, ultimo atto politico e neutralizzazione della capacità politica futura.
La razionalità imperfetta produce l'immagine dell'uomo "politico imperfetto": l'attività politica in senso forte (ad alta intensità) non è perciò una condizione normale dell'azione umana, bensì una condizione eccezionale, straordinaria, che si sviluppa in certe situazioni che sono già, esse stesse, straordinarie, nel senso che non sono riconducibili a quelle regole del gioco collettivo che, ordinariamente, governano la quotidianità. La consapevolezza dell'imperfezione porta l'uomo sul baratro dell'osservazione dei propri limiti: «Ebbi ben presto abbastanza chiaro che il mio lavoro doveva camminare su due binari: l’ansia per una giustizia sociale che ancora non esiste, e l’illusione di poter partecipare, in qualche modo, a un cambiamento del mondo. La seconda si è sbriciolata ben presto, la prima rimane» (De Andrè).
La definizione di uno stato politicamente organizzato introduce il dualismo tra governanti e governati, tale rapporto politico può essere considerato "ex parte principis o ex parte populi" (Machiavelli o Rousseau, teoria della ragion di stato o teoria del costituzionalismo). In questo dualismo, mentre è facile individuare i "governati" diventa interessante definire i "governanti", sembra che lo Stato abbia perso il monopolio del "politico": settori fino ad oggi neutrali (non-statali e non-politici) si caricano sempre più di significato politico; in democrazia, i settori religioso (confessionale), culturale, economico, giuridico, scientifico, educativo non possono più essere contrapposti a "politico", così come viene meno la contrapposizione stato-società (politico contro sociale). Si pensi al concetto di uomo politico nelle sue sfaccettature: in morale, buono/cattivo; in estetica, bello/brutto; in economia, utile/dannoso (o anche redditizio/non redditizio); in politica, amico/nemico. La distinzione, che non è metaforica o simbolica ma concreta, indica il massimo grado di un'associazione-dissociazione e non è riconducibile alle altre: non necessariamente il nemico deve essere cattivo, brutto, economicamente dannoso.
Il nemico è pubblico: hostis e non inimicus che è il solo nemico da amare per il cristiano. Ha la possibilità concreta di combattere; la contrapposizione è tanto più politica quanto più si avvicina al punto estremo, che è la guerra. I termini politici sono anche polemici, ciascuno è la negazione di qualcos'altro (repubblica come non-monarchia); per i contrattualisti il "politico" non solo è assimilato a "statale" ma è anche in contrapposizione negativa ad altri concetti: la politica liberale è critica politica, in contrapposizione a Stato, Chiesa, Governo, ecc.
E' il grado di intensità della distinzione amico-nemico a determinare il "politico": è sempre politico il raggruppamento orientato al caso critico. La possibilità reale del nemico è il presupposto della politica; lo Stato Universale rappresenterebbe pertanto la fine della politica.
Una linea politica nega cose ad alcuni e le rende accessibili ad altri: è una rete di azioni e decisioni che distribuiscono i valori; una decisione isolata non è una linea politica, una decisione è solo la fase formale di una linea politica: occorre agire per attuarla.
La vita politica è vita di gruppo ed è costituita da prassi legali e da prassi effettive; la scienza politica esamina ogni possibile modo in cui avvengono assegnazioni autoritarie di valori (o linee politiche): tutti i meccanismi sociali, sono strumenti per assegnare valori, il sistema di valori totale abbraccia tutta la scienza sociale di cui quella politica è una parte.
I confini di un sistema politico sono soggetti a fluttuazioni (guerre, elezioni, ribaltoni); ogni sistema politico effettua transazioni con il suo ambiente esterno, che modella e da cui viene modellato: gli input e gli output concernono i confini del sistema politico, al cui interno troviamo i processi di conversione degli uni negli altri.
Oltre a questo, i sistemi politici si caratterizzano anche per importanti funzioni di mantenimento e di adattamento: la funzione di reclutamento politico; la funzione di socializzazione politica, attiva sin dall'infanzia, che è il processo di conservazione e di trasformazione della cultura politica. Gli input, o flussi in entrata del sistema politico, sono le domande, che influenzano decisioni ed obiettivi politici, ed i sostegni che forniscono al sistema politico le risorse necessarie per conseguire i propri obiettivi. Gli output, o flussi in uscita del sistema politico, sono le risposte, intese come quel complesso sistema di norme e regole che influenzano le azioni all'interno degli stati e i rapporti tra gli stati stessi. La funzione di aggregazione degli interessi converte le domande in scelte politiche, attraverso i partiti politici e lo sviluppo politico.
Un programma politico combina un programma di governo con un programma fondamentale, è un catalogo di iniziative e di ragioni per intraprenderle. Principi e politiche sono interdipendenti, "i principi scelgono le promesse, le politiche devono mantenerle":

  • principi senza politiche sono impraticabili;
  • politiche senza principi razionalizzano interessi parziali;
  • in programmi centrati su principi (i principi hanno priorita' sulle politiche) il criterio è esplicito;
  • in programmi centrati su politiche il criterio è invece implicito, oscuro, irriconoscibile;
la buona politica liberale scopre principi trattando casi particolari, non parte da principi applicati deduttivamente, e distingue problemi da stati di fatto, avanza tesi per risolvere problemi.
In politica, due sono i gruppi fondamentali, il partito e l'elettorato: "se volete promuovere qualche riforma, dovete prima persuadere il vostro partito a adottare la riforma, poi persuadere l'elettorato a adottare il vostro partito" (B. Russell).
Il primo principio dell'etica, non può essere la realizzazione di se perché l'uomo è un animale sociale. La politica come "cosa mondana", indegna, deriva dalla dottrina cristiana, che sostituisce al peccato collettivo degli ebrei (peccato "politico") il peccato individuale e rende la Chiesa intermediaria di Dio. Il peccato ha origine dalla libertà (contraddizione fra determinismo e libero arbitrio). Ma la politica è necessaria perché è elemento costitutivo della nostra esperienza, e non semplicemente una sua parte; il suo campo d'azione può restringersi, ma non scomparire.
Il pensiero politico si caratterizza per codici binari, contrapposizioni fra amici e nemici (l'identità è determinante per ogni entità politica), inclusi ed esclusi, pubblico e privato. La sfera politica ha pertanto tre dimensioni:
- identità, che è la dimensione espressiva del politico (chi siamo?);
- potere, che è la dimensione strumentale del politico (chi ottiene cosa, quando e come);
- ordine, dimensione regolativa del politico.
Tutte le dimensioni implicano conflitto (chi decide, come e quali decisioni prende, ecc). La nozione di fine indica termine (morte) ma anche significato (scopo); tutte le affermazioni in tal senso sono o retoriche oppure meta-narrazioni (descrivono una nuova fase dell'evoluzione): anche le rivoluzioni conservano elementi di continuità col passato.
La storia umana è iniziata e si è evoluta con atti di disobbedienza (miti di Adamo ed Eva e di Prometeo); la disobbedienza può essere un atto contro (ribellione) o per qualcosa, di affermazione della ragione. Libertà e disobbedienza sono inseparabili, non si può proclamare la libertà e insieme bandire la disobbedienza.
L'atto politico è un atto fondamentale di disobbedienza.
La politica tuttavia non produce (o promuove) sempre delle "verità", se così fosse che destino subirebbero le grandi categorie del pensiero politico, la democrazia, l’eguaglianza etc? Bisogna temere la democrazia piegata in senso mercantile, la democrazia elettorale, quella che si esplica con il voto alle elezioni alla stessa maniera in cui il consumatore sceglie al mercato il bene a lui più utile. In questo modo, la politica, la democrazia e l’eguaglianza non sono nient’altro che pure appendici dello Stato, forme di manifestazione di quella figura che sopprime il pensiero collettivo nell’evento che è lo Stato parlamentare.
C’è un altro modo, invece, per ricongiungere democrazia e eguaglianza ridando nel contempo significato ad entrambi i concetti: si tratta di intendere la democrazia come pura esposizione del collettivo sulla scena pubblica che non tollera che si applichino ad esso prescrizioni particolari, vale a dire enunciati non egualitari.
La democrazia è egualitaria nel suo senso più profondo proprio perché permette di sfuggire alle codificazioni particolaristiche cui è costretto a ricorrere lo Stato. Democrazia è dismissione delle categorie di “immigrato”, “arabo”, “francese”, in quanto parole che “rinviano necessariamente la politica allo Stato e lo Stato stesso nella sua funzione più essenziale e più bassa: il novero non egualitario degli uomini”.

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