domenica 17 febbraio 2008

Estetica

Pensiamo all'estetica come la scienza del bello, agli inizi se ne faceva una filosofia, uno studio di pensiero, oggi abbiamo ridotto l'estetica unicamente ad una chirurgia. Ma questo non deve demoralizzare coloro che ancora cercano di cogliere il bello e la "scienza del bello", così come la intende Baumgarten: "scienza del Bello, delle arti liberali e gnoseologia inferiore, sorella della Logica", ovvero come scienza preposta allo studio dei concetti di bello intesi come categoria, delle attività artistiche (arti liberali), ma ancor di più come studio delle percezioni sensibili ovvero della conoscenza ottenibile attraverso i sensi (gnoseologia inferiore). Conoscenza opposta e complementare rispetto a quella ottenibile attraverso la mente. L'estetica studia dunque la percezione del bello nella quale è necessario introdurre il binomio di Langer "arte e vita". L’arte rappresenta una forma simbolica e, in quanto tale, essa dà conoscenza di una peculiare realtà: la vita del sentimento. Il binomio di Langer deve essere considerato nella sua bidirezionalità: l’arte come la vita, e la vita come l’arte. I luoghi tematici della teoria estetica si intrecciano e comprendono l'arte, il simbolo e la dimensione sentimentale. L'arte è dunque forma significante, ossia simbolo del sentire. Dell'estetica ci è facile cogliere il significato di bello e di brutto, mentre meno facile è stabilire le regole all'interno delle quali questo processo trova una definizione. Ancora possiamo percepire l'intuizione di un estetica oggettiva e di una soggettiva, pur comprendendo la difficoltà di stabilirne delle regole. Kant ci viene incontro nell'individuazione del concetto di "brutto soggettivo" legato alla sensazione di disgusto. Sia Cartesio che Kant dicono che il disgusto suscita una reazione che non è teorica, ma che è fisiologica, e che riporta quindi il gusto al suo livello originario. Il disgusto nasce allora nel momento in cui abbiamo una difficoltà alla rappresentazione, o addirittura una impossibilità alla rappresentazione. Kant osserva che il disgusto è dato dall'impossibilità di rappresentare il nostro piacere. Quando questo accade, significa che noi non siamo in grado di formulare un giudizio sull'oggetto tale da ricondurre l'oggetto medesimo all'interno delle nostre facoltà conoscitive, all'interno del nostro comune sentire di uomini. Allora noi respingiamo quell'oggetto. Il disgusto è il limite della nostra estetica soggettiva ovvero definisce i confini soggettivi dell'Estetica del Brutto.
La percezione soggettiva è comunque agita indipendentemente dalla volontà, pertanto la definizione di estetica soggettiva è determinata, secondo le opportune variabili, dall'impatto che ogni oggetto suscita ai nostri sensi ovvero alla sensazione che ci lascia, Tale percezione non è scindibile dal fattore spazio-tempo, pertanto non è infrequente che le nostre sensazioni possano variare pur restando invariato l'oggetto che le suscita. La variazione cinetica sensoriale è propria delle percezioni umane per loro natura soggettive e relative.
Ben altro approccio è necessario per la definizione di una estetica oggettiva, intesa come giudizio estetico oggettivo. Questa volta il bello non è rappresentato nell'opera oggetto della percezione ma è nella stessa oggettività della natura. Questo Hegel lo chiama il "sentimento del sublime".
Il sentimento del sublime matematico è quello per il quale tutti noi di fronte a fenomeni di smisurata grandezza (lo spazio cosmico) o del sublime dinamico, di smisurata potenza naturale (una grande cascata), proviamo, per i nostri stessi limiti, un senso d'insufficienza, di paura, timore. Ma in un secondo tempo, quando riemerge la nostra razionale volontà, questo sentimento della propria impotenza sensibile rivela per contrasto la coscienza di una potenza illimitata, di una nostra superiorità in quanto razionalità operante che trasforma in positivo il precedente sentimento negativo.
Il sublime, considerato quale impressione isolata, singola sensazione avulsa da rapporti formali, non implica universalità; la bellezza, rappresentando l'oggetto di un giudizio che prescinde dal mutevole della sensazione empirica, si offre quale realtà formale che non colpisce il soggetto dall'esterno rendendolo passivo. Laddove il bello presuppone forma, proporzione, e misura, il sublime è riconducibile alla grandezza senza limiti e colpisce direttamente i sensi. All'origine del piacere per il bello si situa così una qualità oggettiva, fondata sulle leggi della sensibilità.

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